
La Cattedrale di San Gerlando, nelle sale Mudia, accoglie una collezione di quattro sarcofagi greci e romani, datati fra il V secolo a.C. e il III secolo d. C. I sarcofagi, giunti in Cattedrale nel Settecento, rimasero fino al 1960. Nel 1966, a causa della frana furono trasferiti presso le sale al Museo archeologico e nella chiesa di San Nicola. Ritornano in Cattedrale nel dicembre del 2020.
Fra i quattro sarcofagi, il più prezioso racconta il mito greco di Ippolito e Fedra, scolpito sui suoi quattro lati:
Ippolito è il figlio dell’eroe greco Teseo e di Antiope, regina delle amazzoni. Al ritorno da Creta, dove Teseo aveva ucciso il Minotauro, questi prende in sposa Fedra.
Il primo fronte del Sarcofago mostra Ippolito, che sta per partire per una battuta di caccia, con i suoi compagni, i cani e i cavalli; al suo fianco è raffigurata la nutrice di Fedra , che lo trattiene e che consegna una tavoletta con la notizia di un amore: la matrigna si è innamorata del giovane Ippolito e la nutrice è andata ad avvisarlo. Ippolito appare indifferente alla notizia, la nutrice è supplicante.
Sul secondo fronte, Fedra appare inconsolabile per il rifiuto di Ippolito, è circondata dalle sue ancelle: la nutrice le accarezza i capelli e le toglie il velo dalla testa, una suona uno strumento, le tengono le braccia; ma Fedra non trova pace, perché sa di non poter vivere l’amore inappropriato col suo figliastro. In un momento di follia, Fedra decide di suicidarsi e per far salvo l’onore lascia una lettera al marito Teseo: mentendo, Fedra dice a Teseo che Ippolito ha usato violenza contro di lei; Teseo allora invoca l’ira del dio Poseidone contro il figlio.
Sul terzo fronte è raffigurata una scena di caccia: Ippolito è in posizione centrale e sta per colpire con un pesante masso il cinghiale catturato.
Sul quarto fronte si consuma la vendetta degli dèi: il dio Poseidone trasformato in un terribile toro squamato si para di fronte ai cavalli di Ippolito; i cavalli si imbizzarriscono, la quadriga si rovescia, Ippolito cade, batte la testa e muore.
La bellezza di questo sarcofago è narrata da Goethe nel suo Diario del viaggio in Italia con queste parole. “Credo di non aver mai veduto nulla di più superbo in fatto di bassorilievi… per me la ritengo un modello del periodo più leggiadro dell’arte”.
Il sarcofago più piccolo è detto “Sarcofago delle donne coronarie” per la raffigurazione delle donne che intrecciano corone di alloro. Datato nel III secolo d. C. ed è scolpito solo su tre lati. Al centro è raffigurata l’effige del defunto.
I due sarcofagi a cassa sono un meraviglioso esempio di arte greca del V sec. a.C. sono realizzati in marmo proveniente dall’isola greca di Paros. Presentano tracce della decorazione originaria.
CURIOSITA’: I sarcofagi furono portati per la prima volta in Cattedrale all’inizio del 1700, il sarcofago di Ippolito e Fedra fu dono del canonico Sciacca, che ne aveva riconosciuto il valore legato al mondo classico. Furono utilizzati come parte dell’arredo liturgico: il sarcofago di “Ippolito e Fedra” e del quello delle “donne coronarie” sono stati utilizzati come fonte battesimale. Le scene raffiguranti il mito di Ippolito e Fedra, considerate profane e non adeguate all’uso liturgico, furono coperte.
Nel 1877 il vescovo Domenico Turano decide di costituire il museo della Cattedrale con al centro i quattro sarcofagi. La sua prima collocazione fu l’ex aula capitolare, che oggi, dopo il restauro, è una delle sale Mudia della Cattedrale.







